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lunedì 14 novembre 2022

Un estratto da "Passage to England" di Thomas Wolfe ("Storia dell'uomo troppo alto") - Traduzione di Maurizio Brancaleoni

 

*Pubblicato su 'Testo a fronte', vol. 63, pp.339-347*
 
Thomas Wolfe (1900-1938) nasce ad Asheville, North Carolina. Mentre studia drammaturgia ad Harvard scrive per il teatro, ma il successo arriva con il romanzo autobiografico Look Homeward, Angel (1929), seguito da Of Time and the River (1935) e dai postumi The Web and the Rock (1939) e You Can’t Go Home Again (1940). Passage to England: A Selection, pubblicato solo nel 1998 senza modifiche significative, è forse l’esempio più autentico di una scrittura genuinamente wolfiana. La cronaca vera ma soprattutto fantastica di un viaggio per mare da New York a Tilbury fa da cornice a frammenti saggistici e inserti autobiografici. Proprio uno degli inserti secondari, la “storia dell’uomo troppo alto”, palesemente ispirata alle proprie vicissitudini, è il resoconto onesto e poetico delle difficoltà che Wolfe poteva incontrare nella vita di tutti i giorni per via della sua altezza spropositata (6 piedi e 6 pollici, ossia 1,98 m) e di come quelle problematiche dovevano riflettersi in un senso di lontananza ed estraneità dal mondo.

 

" Mi sono dimenticato di dire che su questa nave c’è anche un giovane che è troppo alto.
Lo avevo visto passeggiare in coperta con falcate da un metro; ogni tanto degli anziani signori lo fermavano e nel tono più gentile che si possa immaginare, gli dicevano: “Ragazzo mio, ma quanto sei alto?”, al che lui borbottava qualche risposta incomprensibile e con rabbia si allontanava in tutta fretta...  "

 

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martedì 9 luglio 2019

My article on Thomas Wolfe's "Passage to England" in The TWR


My article “Thomas Wolfe's Passage to England: A Ghostly Account of a Real Voyage” has just been published in The Thomas Wolfe Review, Vol. 41, Nos. 1 & 2. Here is a brief extract:


“I recently received my MA from Sapienza University of Rome. My thesis was a translation into Italian and a critical commentary of Thomas Wolfe’s Passage to England. That was not my first encounter with that text, however, as I had already read it during the second year of my BA and since then I had been fascinated with it. When considering ideas for my MA thesis, I thought that because I wanted to make a translation, it had to be Passage to England. A series of sketches written in 1924 during an ocean crossing from New York to Tilbury, the book was published only in 1998 by the Thomas Wolfe Society and is hardly Wolfe’s most popular or most accomplished work. Nonetheless I always felt that Passage to England had something unique and idiosyncratic and that despite a certain amount of editing it was arguably more genuinely Wolfean than later and more renowned works such as Look Homeward, Angel, which was heavily modified by Scribner’s Sons editor Maxwell E. Perkins, or the posthumous The Web and the Rock and You Can’t Go Home Again, which Harper & Brothers editor Edward Aswell rearranged from a single manuscript.
As a matter of fact, while the text possesses characteristic traits such as a fragmented narrative form, an interweave of reality and fiction and the lack of a definite plot, it also tackles and anticipates a whole series of ideas and issues that Wolfe would deal with, albeit to a lesser extent, in subsequent books …”



sabato 12 gennaio 2019

Un breve estratto da "Passage to England" di Thomas Wolfe (Traduzione di Maurizio Brancaleoni)

Thomas Wolfe (1900-1938) nasce ad Asheville, North Carolina. Mentre studia drammaturgia ad Harvard scrive per il teatro, ma il successo arriva con il romanzo autobiografico Look Homeward, Angel (1929), seguito da Of Time and the River (1935) e dai postumi The Web and the Rock (1939) e You Can’t Go Home Again (1940), assemblati dall’editor Edward Aswell a partire da un enorme manoscritto incompiuto. Passage to England: A Selection, pubblicato solo nel 1998 senza modifiche significative, è forse l’esempio più autentico di una scrittura genuinamente wolfiana. La cronaca vera ma soprattutto fantastica di un viaggio per mare da New York a Tilbury fa da cornice a frammenti saggistici e inserti autobiografici, anticipando temi e tecniche tipiche dell’autore. In uno di questi frammenti, Wolfe racconta della diffusa ostilità verso il darwinismo negli stati meridionali e della crociata anti-evoluzionista portata avanti dal politico William Jennings Bryan e dalle associazioni interconfessionali fondamentaliste.

Fotografia dalla Van Vechten Collection della Library of Congress.

Tratto da “Passage to England: A Selection”, a cura di Suzanne Stutman e John L. Idol, Jr., The Thomas Wolfe Society, 1998.  Traduzione di Maurizio Brancaleoni.

È vero che ciò che potremmo chiamare lo Spirito del Luogo non favoriva particolarmente l’attività intellettuale. Credo di avervi già detto che si trattava di una tipica comunità del Sud degli Stati Uniti; da sempre tutti vivevano in un torpore delizioso, mangiavano del cibo ottimo cucinato ottimamente e con devota regolarità votavano a favore della democrazia. Un mio degno congiunto aveva letto da ragazzo un libro del defunto Charles Darwin; il libro gli aveva lasciato un’impronta indelebile e in seguito per anni non smise mai di ventilare le sue sfortunate opinioni in merito alle origini preistoriche dei suoi vicini. Questa indelicatezza era causa di inconfondibile fastidio tra i comuni cittadini e gli fece guadagnare la reputazione di un Pensatore Progredito e perciò alquanto Pericoloso. E questa reputazione non scemò nemmeno dopo la comparsa sulla scena del democratico William Jennings Bryan, imbarcatosi in uno dei suoi tour della salvezza subito dopo le sue prime ricerche approfondite nel campo della biologia. In effetti, tutto ciò che le "persone di retto pensiero", per usare un'espressione che dà ai religiosi non poca soddisfazione e con cui tutti gli alti funzionari della Fondazione Rockefeller dovrebbero aprire i loro discorsi a qualsiasi banchetto veda la presenza del loro benefattore, dicevo, ciò che le "persone di retto pensiero" ribattevano in quell'epoca in tutto il Sud era: "Non mi fai fesso, non sono stupido come una scimmia". In realtà in uno stato vicino la gente lo diceva con un tale violenza che l'assemblea legislativa decretò di far sparire dalla faccia della terra lo sfortunato sig. Darwin e le sue opinioni, dimostrando così, spero ogni oltre dubbio, l'efficacia della legge sui meccanismi di natura. Nel mio stato, i pastori del gregge, esercitando la prerogativa di varare il giudizio finale senza prima svolgere indagini sull'arte, la letteratura, la scienza e la storia, prerogativa che Dio aveva benevolmente concesso solo ai Suoi ministri, operarono tanto sublimemente che le Forze dell'Oscurità nell'assemblea legislativa furono quasi completamente sconfitte e riuscirono a tenere in vita l'antico errore nelle scuole per un solo voto. Ma c'era ancora speranza malgrado tutto: la maligna superstizione che ci fosse mai stata una separazione tra le questioni della Chiesa e quelle dello Stato fu splendidamente stroncata e gli oracoli elargivano la promessa di un ritorno ancora più manifesto ai piaceri del medievalismo. Si poteva forse giudicare infelice il fatto che i Servi del Verbo non fossero più appositamente armati per l'assalto con qualche munizione degli avversari e in mancanza di argomenti si abbandonassero all'invettiva. Pochissimi tra loro, tuttavia, erano tanto arditi da essere disposti a scambiare una ragione per una maledizione e la condanna ispirata ebbe la meglio, usufruendo di quello splendido strumento con cui la Chiesa aveva additato per sedici secoli la cattiveria della ragione e l'empietà del libero pensiero, il quale, comunque, come molte cose maligne, si è fatto strada nel sangue calpestando i corpi di quei capi fanatici che per lui sono stati maledetti, flagellati, bruciati, spezzati e crucifissi, come è giusto che fossero, desiderando, con insolenza e superbia, entrare in Paradiso, se mai, come adulti e non come bambini. Di certo non bisogna credere che i difensori della verità fossero del tutto sprovvisti di testo in quel momento. L'avevano, in realtà, e parlavano spesso, trionfanti e perentori, di quel libro meraviglioso che contiene ogni cosa, che contiene l'ultima parola su tutti i problemi della biologia e della storia naturale, dacché fu scritto da Dio, dettato per migliaia di anni a parecchie ventine dei Suoi profeti e infine tradotto da Lui stesso nel possente e bellissimo organo dell'inglese secentesco, la Bibbia di Re Giacomo, operando per tramite di quattro dozzine di quei sudditi più colti e devoti che dovevano al re una fedeltà minore. Inutile a dirsi, come tutti i libri eminentemente seri sulla scienza, il Verbo era da prendere alla lettera e con esattezza.

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